Busto-reliquiario di Santa Elisabetta Martire

Reliquiario_di_santa_Elisabetta martire,_museo_della_città

Busto-reliquiario di Santa Elisabetta Martire

Busto reliquario di Santa Elisabetta martire, legno dorato e argentato (60×30 cm), XVIII secolo  (inizi) – palazzo vescovile

Anticamente appartenuto ai frati francescani di Acquapendente, il manufatto è entrato a far parte delle collezioni museali nel 1993, data in cui appare schedato dalla Soprintendenza assieme ad altri due pendant (di formato minore) attualmente esposti nella locale pinacoteca. Grazie al sigillo in ceralacca è stato possibile datare, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del secolo successivo, l’autentificazione della reliquia ad opera dal vescovo aquesiano Gisleno Veneri (23 maggio 1887-15 dicembre 1919), di cui si riconosce lo stemma del casato, anche dipinto nella sala del trono dell’antico palazzo Oliva (Palazzo vescovile) oggi sede del museo. Più antico è invece il manufatto, in legno argentato e dorato, che raffigura la santa nelle fattezze di una matrona romana, databile ai primi decenni del XVIII secolo.

 

Restauro

Lo stato di conservazione era discreto. Buona la consistenza della doratura sul panneggio della veste, mentre quella della base presentava un processo di decoesione e sollevamento della preparazione a gesso, particolarmente disgregata dal precedente contatto in ambiente umido per risalita. Sull’argentatura del volto si assisteva ad un profondo processo di solforazione con totale ottundimento della superficie, virata nei toni bruni. In particolare, sul naso e sulla ciocca di capelli raccolti sulla fronte, due importanti lacune evidenziavano il supporto ligneo, tuttavia non particolarmente aggredito da anobidi (e comunque trattato preventivamente con antitarlo). La pulitura della doratura è stata approntata con emulsione grassa neutra, rimossa con White Spirit e rifinita con un passaggio di “saliva sintetica” (triammonio citrato), il cui impiego esteso all’argentatura del volto ha rivelato, al di sotto dello strato bruno intenso, una leggera traccia di argento non completamente ossidato. Tutte le ricostruzioni plastiche per il riempimento delle lacune sono state operate con stucco e gesso per doratori (gesso di Bologna e colla Lapin) e successivamente trattate con apprettatura di bolo marrone per l’intonazione all’originaria preparazione. La doratura è stata realizzata con oro in foglia e trattata con pietra d’agata per la finitura lucida (brunita). La reintegrazione e l’armonizzazione cromatica delle superfici argentate sono state eseguite pittorica- mente con ringranatura ad acquerello e velatura a vernice. La verniciatura finale, per la restituzione della brillantezza e il fissaggio dei ritocchi pittorici sull’argentatura, è stata realizzata con vernice Retoucher, mentre la lucidatura protettiva restitutiva sulla doratura è stata eseguita con cera vergine d’api in pasta.

ANDREA ALESSI – ROBERTA SUGARONI