Cristo in Pietà tra gli angeli

Girolamo di benvenuto del Guasta

Cristo in Pietà tra gli angeli

Girolamo di Benvenuto del Guasta, Cristo in Pietà tra gli angeli, 1505 circa, tempera su tavola – Palazzo Vescovile

Anticamente installata nella chiesa di Sant’Agostino ad Acquapendente, la cimasa , databile al 1505 (circa), faceva parte di una monumentale pala d’altare (237 x 340 cm), oggi smembrata, di cui la parte inferiore – La Madonna in trono con Bambino tra Santa Monica, San Giovanni Evangelista, Sant’Agostino e San Nicola da Tolentino, qui in basso – è conservata all’Harvard Art Museums del Fogg Museum di Cambridge (Massachusetts). 

Cronistoria

La grande pala d’altare venne probabilmente smembrata prima del 1840, come risulta da un documento rintracciato dallo Zeri (1962) conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, dove figura in Sant’Agostino ad Acquapendente, solo lo scomparto centrale (oggi in America), ubicato nella collocazione originale, ovvero nella cappella grande presso il coro, stretta da due porte corniciate da archi ribassati digradanti. La lunetta, già in quegli anni scorporata dal resto della pala rimase con probabilità depositata nella sagrestia, come si evince in un secondo documento conservato nell’Archivio della Curia Vescovile di Acquapendente, dove si fa menzione ad un “quadro grande dipinto in tavola in cattivo stato”, citato in un inventario degli arredi sacri, delle suppellettili e dei mobili di proprietà della chiesa medesima (Chiovelli 1996; 2017). Ad ogni modo, la separazione dal corpo principale fece sì che potesse essere celata al pubblico. La cimasa rimase al complesso di Sant’Agostino da cui venne trasferita tra il 1928 e il 1932 al primitivo museo locale; dal 1936 al 1949 ritornò poi a Sant’Agostino appesa ad una parete sopra il coro e, dal 1950, ubicata  nella sagrestia della cattedrale del Santo Sepolcro. Dal 1972 al 1989, venne poi traslata a Palazzo Vescovile, dunque movimentata a San Lorenzo e, infine, nuovamente ubicata al piano nobile di Palazzo Vescovile, sede principale del Museo della città, dove tutt’ora alloggia nella antica cappella del vescovo posta al piano nobileLo scomparto centrale, nel frattempo, ricompare a Roma dove viene acquistato da Edward Waldo Forbes (1899) che l’avrebbe poi depositato, su suggerimento di Richard Norton, al Fogg Art Museum in “prestito indefinito”. Prima di pervenire in America, lo scomparto centrale venne restaurato a Londra nel 1900, e successivamente sottoposto, sotto la direzione di Edward Waldo Forbes (1909-1944), che nel frattempo era divenuto direttore proprio del Fogg, ad interventi integrativi di cui è stato oggetto a più riprese (1905, 1927 e 1936). Poco chiari devono essere stati i documenti di acquisto in possesso del museo se, il 14 aprile del 1948, la neo direttrice Margaret E. Gilman, lamentava di non possedere nulla a riguardo della provenienza della tavola, a parte la notizia che venne acquistata a Roma nel 1899. A tal riguardo però comunicava a Federico Zeri di inviargli una foto dell’opera in loro possesso raffigurante “la Madonna con bambino e santi”, allora attribuita a Benvenuto di Giovanni. 

Vicende critiche

Restituita da Federico Zeri (1951) a Girolamo di Benvenuto di Giovanni del Guasta (dapprima risultava attribuita al padre, Benvenuto di Giovanni), la tavola è ritenuta una delle primissime realizzazioni autonome del pittore, operante nella bottega paterna già a partire dal 1490. Questa ipotesi è stata recepita dalla quasi totalità della storiografia tradizionale (R. Morrison, George Harold Edgell, Lionello Venturi, Faldi, Fredericksen, Maria Cristina Bandera, Piero Torriti e Gettens J. Rutherford). Per taluni studiosi invece l’opera è frutto della collaborazione del padre col figlio (Tosi, Seidel e Cecilia Alessi). L’ipotesi che vede un coinvolgimento del solo padre nella realizzazione della pala aquesiana è stata suggerita da Raimond Van Marle, Frederick Mason Perkins, Bernard Berenson, Andrew Ladis e, recentemente da Valentino Anselmi.

Restauro

L’opera è stata restaurata dapprima nel 1949 da C. Matteucci, poi nel 1989 da M. Marziali ad Acquapendente. A quest’ultimo si debbono gli interventi di reintegro a tratteggio e la ricostruzione delle parti mancanti della carpenteria con inserti di legno non intagliato.

Bibliografia

‘American Journal of Archeology’, 1900, IV, p. 285; S. Reinach, 1905, I, p. 268; F. M. Perkins, 1905a, pp. 75-76; Idem, 1905b, pp. 66-67; E. Jacobsen, 1908, p. 75; W. Rankin, 1908, p. 381; B. Berenson, 1909, p. 147; E. W. Forbes, 1913, pp. 170-179; Idem, 1919, p. 133; L. M. Tosi, in Enciclopedia Italiana, VI, 1930, p. 660; R. Morrison, 1931, p. 140; 18 G. H. Edgell, 1932, p. 256; P. Misciattelli, 1932, p. 198; L. Venturi, 1933, tav. 300; G. J. Rutherford, 1934-1935, pp. 165-173; R. Van Marle, 1937, XVI, p. 399; F. Zeri, 1951, pp. 48-50; I. Faldi, L. Mortari, 1954, n. 26; F. Bologna, 1954, p. 18; F. Zeri, 1955, p. 90; Idem, 1962, pp. 52-53; B. B. Fredericksen, D. D. Davisson, 1966, p. 31; B. Berenson, 1968, I, p. 39; I. Faldi, 1970, p. 20; B. B. Fredericksen, F. Zeri, 1972, p. 92; M. C. Bandera, in Scritti di Storia dell’Arte, 1977, I, pp. 311-313; P. Torriti, 1978, p. 26, n. 373; A. Agostini, 1987, pp. 197-198; M. Seidel, 1989, p. 82; E. Peters Bowron, 1990, p. 110; P. M. Fossati, 1991, pp. 81-84, n. XIV; A. Ladis, 1992, p. 307 nota 8; C. Alessi, in Francesco di Giorgio, 1993, p. 519; R. Chiovelli, 1996, pp. 42-43; V. M. Schmidt, 1997, pp. 211-212; M. C. Bandera, 1999, pp. 193-194, 247-248, nn. I, VII; North American Graduate Programs, 2000, p. 21; C. Alessi, 2003, p. 93; E. Bernardi, 2014, p. 417; V. Anselmi, 2017; R. Chiovelli, 2017.

 

Andrea Alessi