
07 Giu Gloria di Sant’Antonio da Padova
Sebastiano Folli (attribuito), Gloria di Sant’Antonio da Padova, 1610 (ante), olio su tela, 250×158 cm – Pinacoteca di San Francesco
La grande pala d’altare che raffigura la gloria di Sant’Antonio da Padova appartiene alla ricca collezione di dipinti in custodia al Museo della città. Attualmente collocata negli ambienti della ex sagrestia di San Francesco, sede della Pinacoteca omonima, appartenne ai padri Minori Conventuali che la collocarono negli ambienti del convento, dove venne rinvenuta nel 1993 da Egidia Coda. Quest’ultima avviò un’importante campagna di catalogazione del ricchissimo patrimonio francescano dove la collocava stilisticamente nel limbo dell’ambito romano e cronologicamente a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo. Diversi anni dopo, nel 2010, la studiosa tornò nuovamente sull’argomento in occasione di una pubblicazione che descriveva la nascita di quella sezione di dipinti del museo ma, tra i capolavori della quadreria, non figura quest’opera (E. Coda, Nel Lazio, I, 2010, pp. 115-119). Eppure la grande qualità pittorica della tela, la ricercatezza nell’impaginazione e la finezza esecutiva, ci portano a riconsiderare quella ipotesi in favore di un più ristretto ambito culturale, riconducibile nello specifico a Sebastiano Folli (1568-1621), pittore senese che lavorò a stretto contatto con Bartolomeo Cesi alla decorazione della certosa di Maggiano (1594). Poco documentata è la sua attività degli esordi benché la sua produzione risenta fortemente della cifra di Ventura Salimbeni, che le fonti ricordano come suo maestro (Romagnoli, 1976 [ante 1835], pp. 203-204).
Fu attivo a Roma al servizio del cardinale Alessandro de’ Medici, intenditore d’arte e collezionista. Il Romagnoli (Romagnoli, 1976, pp. 203, 204) gli attribuisce due storie nella decorazione a fresco della navata centrale a Santa Prassede, chiesa di cui il Medici aveva la titolarità dal 1594. Ad ogni modo si tratta di opere discusse, che sono state rimosse dal suo catalogo dalla critica recente (F. Mozzetti, Dizionario Biografico degli Italiani, 48, 1997). Dal 1598 la sua attività artistica risulta ricostruita dalle fonti, che ci parlano di collaborazioni importanti a Piancastagnaio per la compagnia del SS. Sacramento e presso il Palazzo Pubblico di Siena, dove lavora in alcune lunette della sala del Consiglio. Da quel momento la sua credibilità crebbe in modo sensibile, con il risultato che ottenne incarichi pubblici di prestigio che gli permisero di confrontarsi con i più grandi artisti all’epoca, da Francesco Vanni a Domenico Beccafumi, con i quali lavorò difatti nella sala del Concistoro a Siena.
Più tardi, con l’elezione di Alessandro de’ Medici al soglio pontificio col nome di Leone XI (aprile 1605), il Folli si recò di nuovo a Roma, ma il pontefice morì subito dopo costringendolo a ritornarsene a Siena. Ad ogni modo la sua carriera non subì contraccolpi, anzi proseguì regolarmente accumulando importanti incarichi pubblici (F. Mozzetti, Dizionario Biografico degli Italiani, 48, 1997).
La Gloria di San’Antonio da Padova di Acquapendente, eseguita su committenza francescana, mostra forti ascendenze pittoriche senesi e qualche contaminazione romana, in particolar modo nel putto che osserva il Redentore, chiara derivazione dall’opera di Marzio Ganassini. D’altra parte il Folli fu fortemente suggestionato anche da altri artisti operanti a Roma, come i fratelli Alberti ad esempio. Per tali ragioni la si può far risalire agevolmente al primo decennio del Seicento, quando la sua produzione è fortemente ispirata da queste fonti.
Andrea Alessi