Madonna del Divino Amore

Rondolino Pesarese detto, Terenzio Terenzi da Urbino

Madonna del Divino Amore

Madonna del Divino Amore, olio su tela, 134×104 cm, 1595-1610 circa (da Raffaello Sanzio, olio su tavola, 140×109. Napoli, Museo di Capodimonte) – pinacoteca di san francesco

L’opera venne schedata nel 1993 da Marina Ciai che, dopo aver individuato il legame diretto con il prototipo di Raffaello, noto come Madonna del Divino Amore e conservato a Napoli, nel Museo di Capodimonte, pensò ad una copia realizzata da un non meglio precisato collaboratore del Sanzio. Di tale ipotesi, tuttavia, non deve essere stata del tutto convinta neanche il suo superiore, Egidia Coda, se è vero che quasi vent’anni dopo (2010), in occasione dell’apertura al pubblico della neonata pinacoteca di San Francesco ad Acquapendente, neppure la ricorda tra le opere pregevoli della collezione (La raccolta di dipinti del convento di San Francesco in Acquapendente ed il suo prossimo allestimento museale, in “Nel Lazio. Guida al Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico”, 2010, pp. 115-119). L’analisi sull’opera effettuata da Claudio Strinati, ha rivelato una storia molto diversa. Lo studioso ha ipotizzato che fosse non una semplice copia ma un falso, dipinto dal pittore marchigiano Terenzio Terenzi, anche noto come Rondolino Pesarese, attivo tra la fine del Cinquecento e i primi anni del Seicento. Le dimensioni della tela infatti, quasi sovrapponibili all’esemplare di Napoli, così come l’uso di alcune tinte spente (ocra, verde e celeste), che sfumano in una lieve penombra, rimandano certamente alla produzione di questo pittore, il quale, stando alle fonti antiche, sceglieva supporti usati e logori e applicava una miscela di vernici e colori che poi anneriva col fumo per conferire un’aura di invecchiamento.