Madonna in adorazione del Bambino col San Giovannino

Marradi

Madonna in adorazione del Bambino col San Giovannino

Maestro di Marradi, Madonna in adorazione del Bambino col San Giovannino, tempera su tavola, inizio XVI secolo – Pinacoteca di San Francesco

L’opera, la cui proprietà giuridica è del Fondo per il Culto, era anticamente collocata presso l’altare di Sant’Antonio di Padova nella chiesa di San Francesco di Acquapendente. Qui venne ammirata dai più grandi conoscitori del secolo XX oltre che dai compilatori di un catalogo delle più preziose opere d’arte dei territori dello Stato Pontificio redatto nel 1849, dove al Comune di Acquapendente, presso i Padri Minori Conventuali figura proprio una “Vergine e il figlio e S. Gio. Battista”, all’epoca creduta del Perugino (Archivio di Stato di Roma, Camerlangato, parte II, Antichità e Belle Arti, titolo IV, fasc. 3634). L’opera viene successivamente riferita al Jacopo del Sellaio da Bernard Berenson negli “Indici”, parere non condiviso da Roberto Longhi, che la attribuiva, invece, a Bartolomeo di Giovanni. Si deve allo Zeri l’ipotesi più convincente, che riconosce nel Maestro di Marradi (1963, III, pp. 249-250 e p. 258 nota 15) – l’ignoto autore di una serie di dipinti (cinque) conservati ora alla Badia di Santa Reparata al Borgo presso Marradi, nucleo centrale del catalogo delle sue opere – l’autore di questa splendida tavola. Formatosi da Domenico Ghirlandaio, egli testimonia attraverso la sua produzione pittorica, pur rimanendo aggiornato sulle novità stilistiche, l’inclinazione a perpetrare schemi figurativi e modelli del passato. In quest’opera, ad esempio, sono evidenti i richiami ad artisti operanti allo scadere del secolo, sia di provenienza umbra sia toscana. Secondo Egidia Coda, che ebbe modo di visionare le opere dal vero in un’importante campagna di schedatura della Soprintendenza effettuata nel 1994, la composizione risulta “aggiornata sul Botticelli e, nell’inserzione dello  sfondo di paesaggio, sul Perugino” (Coda 2010, pp. 117-118). Difatti, nel bordo dell’abito blu della Vergine si possono notare una serie di elementi decorativo-simbolici (o caratteri cufici?) di difficile interpretazione che rimandano alla produzione di Bernardino di Betto detto il Pinturicchio (in particolare la cosiddetta Vergine “delle mani”, già ritenuta Giulia Farnese, ora in collezione privata); mentre il lirismo e la tenerezza dei soggetti raffigurati trovano precedenti nella produzione figurativa di Filippo Lippi. L’opera è databile agli inizi del secolo XV.

Restauro

L’opera è stata restaurata da Mariano Marziali nel 2010, in occasione dell’inaugurazione della pinacoteca.

ANDREA ALESSI